19/11/2019 Avv. Stefano Massimiliano Ghio – In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo a causa della soppressione del posto, il datore di lavoro ha l’onere di provare non solo che al momento del licenziamento non sussistesse alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa per l’espletamento di
mansioni equivalenti, ma anche, in attuazione del principio di correttezza e buona fede, di aver prospettato al dipendente, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un reimpiego in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale.
Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.29099 dell’11/11/2019.
La giurisprudenza sull’argomento è pressoché unanime avendo da tempo ritenuto che la corretta applicazione dell’art. 2103 c.c. passi attraverso al contemperazione ed il bilanciamento degli interessi del datore di lavoro e del lavoratore. L’interesse del datore di lavoro riguarda il perseguimento di una migliore organizzazione possibile dell’impresa con la conseguente necessità di un licenziamento; l’interesse del lavoratore riguarda la necessità di mantenere il posto di lavoro.
Originariamente il c.d. obbligo di repêchage era strettamente connesso alle attitudini ed alla formazione che il lavoratore aveva all’epoca del licenziamento con l’esclusione di qualsivoglia obbligo per il datore di lavoro di fornire una diversa formazione al lavoratore utile alla salvaguardia del suo posto di lavoro (Cass., 11 marzo 2013, n. 5963).
Tale criterio deve essere riconsiderato alla luce delle nuove disposizioni (art. 3 D.L.vo 15/06/2015 n. 81) contenute nell’art. 2103 c.c. che fanno specifica mensione non solo dell’obbligo di repêchage ma anche al preciso dovere di formazione specifica connessa al mutamento di mansioni, anche inferiori, a cui viene adibito il lavoratore. Infatti la norma novellata recita che “il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario , dall’assolvimento dell’obbligo di formazione”.
Occore per altro ricordare che tale mancato adempimento non comporta la nullità dell’atto di assegnazione ma solo a sanzioni di tipo risarcitorio.