Cassazione Civile – Ordinanza del 30/10/2018
Con ordinanza del 17/05/2018 depositata in data 30/10/2018 la Corte di Cassazione (3° Sezione) è nuovamente ed esaustivamente intervenuta sulla applicabilità della legge 108/1996 agli interessi di mora.
La Corte perviene a tale convincimento utilizzando una serie di criteri interpretativi.
Secondo una elementare interpretazione letterale dell’art. 644 c.p., dell’art. 2 L.108/1996 e dell’art. 1 D.L. 394/2000 non emerge alcuna esclusione degli interessi di mora parlando genericamente di “interessi” tout court. Tale osservazione trova riscontro anche dai lavori preparatori della legge di conversione del D.L. 394/2000 visto che il decreto aveva lo scopo di chiarire come si dovesse valutare la usurarietà di qualunque tipo di tasso di interesse “sia esso corrispettivo, compensativo o moratorio”.
Secondo l’interpretazione sistematica “gli interessi corrispettivi ed interessi convenzionali moratori sono ambedue soggetti al divieto di interessi usurari, perché ambedue costituiscono la remunerazione di un capitale il cui creditore non ha goduto: nel primo caso volontariamente, nel secondo caso involontariamente”. La Corte affronta il tema osservando come l’art. 1224 c.c. individua un tasso di interesse con funzione risarcitoria del danno subito dal creditore “ma il danno che il creditore d’una somma di denaro può patire non può che consistere o nella necessità di ricorrere al credito ….. o di rinunciare ad impiegare la somma dovutagli..”.
La Corte in modo tranciante ha quindi respinto le osservazioni di coloro che affermano che non esisterebbe alcuna norma di legge che commini la nullità degli interessi convenzionali moratori: “… è vero l’esatto contrario: l’ampia formula dell’art. 644 c.p., dell’art. 2 L: 108/96, dell’art. 1 D.L. 394/2010 dimostrano che la legge non consente distinzione di sorta tra i due tipi di interessi, e tale conclusione è espressamente ribadita dai lavori parlamentari…”.
Anche la mancanza di una rilevazione ministeriale specifica sugli interessi di mora non importa un vulnus al ragionamento della corte, in quanto “ … è più che normale che il decreto ministeriale non rilevi la misura media degli interessi convenzionali di mora, dal momento che la legge ha ritenuto di imporre al Ministero del tesoro la rilevazione dei tassi di interesse omogenei per tipo di contratto , e i tassi di interessi omogenei per titolo giuridico..”.
Sulle conseguenze sanzionatorie in caso di rilevazione di un tasso di mora sopra la soglia la Suprema Corte ha ritenuto che non si potesse applicare tout court l’art. 1815 c.c. sicchè “la norma si riferisce solo agli interessi corrispettivi”. La soluzione viene quindi riportata nell’alveo del riconteggio degli interessi entro quelli legali in applicazione delle norme generali in materia.
Da ultimo occorre rilevare come la Corte di Cassazione abbia previsto che la valutazione sulla usurarietà del tasso di interesse moratorio debba essere “..compiuto confrontando puramente e semplicemente il saggio degli interessi pattuito nel contratto col tasso soglia calcolato con riferimento a quel tipo di contratto senza alcuna maggiorazione od incremento..”. Ciò comporta due conseguenze di fatto. La soluzione all’annoso problema sulla esistenza di una usura contrattuale del tasso di mora, che quindi esiste a prescindere dalla sua effettiva applicazione, e la impossibilità di identificare un tasso c.d. “mora-soglia”, ottenuto incrementando arbitrariamente di qualche punto percentuale il tasso soglia.
Stefano Massimiliano Avv. Ghio